Capitolo I – Un pizzico di coraggio

Era una notte di pioggia come questa, Louis e Isabel sdraiavano accoccolati, sotto le coperte, sui sedili posteriori della macchina di Louis. Avevano da poco finito di fare l’amore e si stavano godendo quel momento di relax lontano da tutto e tutti. Specialmente dal mondo che li circondava. Un mondo in cui si sentivano oppressi, chiusi, disidratati. Avevano scelto quel posto con molta oculatezza. Era da parecchio tempo oramai che ogni giovedì sera si davano appuntamento su quel colle per dar sfogo ai loro giovani ormoni e agli stress della vita quotidiana. Quando trovarono quel posto fu subito amore in tre. Un panorama mozzafiato, avevano più di una città ai loro piedi. Campi verdi sterminati e montagne che si perdevano a vista d’occhio. Andavano la al crepuscolo. Vedevano il sole scomparire dietro le montagne e le luci della città man man accendersi. Attorno a loro nulla se non intere distese di uliveti. Louis è un affarista degli affari interni al ministero delle entrate. 26 anni. Lavora in un ufficio 5×5. Guadagna 1.800€ al mese e vive ancora con i suoi. Si occupa di scartoffie. Ogni tanto le persone vanno da lui piangendo. Ma si trova costretto, per la posizione che occupa, a far il duro; cacciar fuori le palle e mandarle via a pedate facendogli capire che chi sbaglia paga. E non è affatto contento di ciò che si ritrova nella sua vita. Isabel è una ragazza di alto borgo. 22 anni. Figlia di un generale dell’esercito maggiore. Ha avuto un’infanzia che non si può considerare “modello”. La mamma scappò via di casa per colpa dell’oppressione del padre che vedeva il loro tetto come una caserma legiferando su tutto e tutti. La piccola Isabel ha dovuto badar a se stessa da sempre. Era in trincea ogni giorno contro il padre, era la, in prima linea ed ha dovuto modellare il suo carattere per contrastare le sue decisioni. E’ dovuta crescere tenendosi tutto dentro. Il padre non capiva che per aver il rispetto e l’approvazione della figlia non doveva concederle tutto ciò che desiderava, ma bensì, una carezza, un sorriso, una parola d’appoggio. Louis e Isabel hanno fantasticato almeno centomila volte su quel colle sul loro futuro, sulle decisioni da prendere per far si che potessero essere felici. Sono nudi, Isabel gioca con le dita accarezzando il corpo di Louis e toccandolo come piace a lui; gli sfiora la pelle con i polpastrelli lungo il dorso arrivando fino al collo e tornando giù lungo la schiena. Lui la tiene abbracciata facendole posare il capo sul suo petto. Con l’indice le accarezza le labbra e disegna in continuazione i tratti del suo volto. Hanno un’aria spensierata, sembra che stiano pensando chissà cosa. Gli sguardi persi nel vuoto, ogni tanto buttano un’occhiata fuori verso il panorama, già sanno che quel momento non durerà per sempre, ed è come se volessero salvare nella loro mente quell’attimo come una foto attaccata al muro. Isabel guarda Luois e con aria sicura e decisa gli dice: “Andiamo via, scappiamo da tutto questo”. Louis storce la bocca facendole capire che l’idea è buona ma poco realizzabile. Pensa che oramai resterà “bloccato” in quella vita – casa, lavoro, Isabel, lavoro, casa – e quindi non sarebbe mai cambiato nulla di tutto questo… a meno che! A meno che non fosse arrivato uno tsunami nella sua vita stravolgendo tutto. Nel momento in cui stava pensando queste parole si accese una lampadina nella sua testa. Come se per un attimo si fossero riuniti tutti i neuroni facendo un referendum sul da farsi facendo vincere la parte che in quel momento voleva evadere da tutto quel torpore, da quell’insana aria viziata che gli stava facendo perdere ogni stimolo, ogni momento non vissuto. Disse: “Si Isabel!” con aria sicura, distesa, ponderata. “Organizziamoci e partiamo, senza meta alcuna”. Isabel restò allibita dalle parole di Louis. Fece una risata di felicità e per solo un momento immaginò già tutti i viaggi e le scoperte che avrebbero potuto far insieme. Parlarono per ancora un’ora e poi tornarono a casa con l’ansia e l’adrenalina di chi, il giorno dopo, doveva iniziare una nuova vita. Louis prese sei mesi di aspettativa dal lavoro, lasciò una lettera ai genitori dicendogli che li voleva bene ma il suo posto non era li in quel momento. Il posto giusto era al di fuori di quelle barriere sociali, al di fuori di quelle costrizioni che la società moderna gli imponeva. Isabel si bevve mezzo bicchiere di vodka liscia, giusto per trovare oltre alle parole il coraggio per parlare al padre. Entro nella stanza da letto. Lui, senza neanche girarsi a guardare, le chiese perché non si era occupata delle faccende di casa. Lei fece un passo avanti ed ancora con la mano sulla maniglia, ansiosa e balbuziente gli disse che andava via, ma lui non sapeva che lei aveva già le valigie pronte accanto alla porta di casa. Il padre commentò, non capendo la gravità della situazione: “Non tornare tardi come tuo solito, non ho voglia di aspettarti alzato!”. Isabel voltandosi gli sussurrò: “Questa volta non devi preoccuparti, non tornerò più!” e chiuse la porta dietro di lei, forse per sempre. Prese un taxi ed andò sul colle. Prese appuntamento con Louis per le 19:00. Erano ancora le 18:00 e per arrivare il taxi impiegava circa 20 minuti; ma per Isabel questo non era un problema, avrebbe aspettato anche tutta la giornata. Scappare da quella casa significava fare un grande passo avanti verso la sua indipendenza. Luois arrivò, come suo solito, puntualissimo. La vecchia era stracarica, una Alfa Romeo Spider del ’74, rossa fiammante. Luois teneva a quella macchina quasi quanto teneva ad Isabel, ed era tutto dire. L’aveva vinta ad una partita di poker con dei ricconi di Roma, suo cugino stava nel giro ed una sera lo fece giocare a sue spese. Tre assi gli sorrisero e la vecchia fu sua. Caricò l’ultimo bagaglio di Isabel sul sedile posteriore. Si fermarono per vedere l’ultima volta il crepuscolo e quel panorama fantastico. Sapevano che dal giorno dopo sarebbe iniziata un’avventura lunga una vita.

RudiExperience

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