Camminavo, incurante della gente che passava accanto. Passo dopo passo la mia mente mi portava in altri posti, lontani da quei luoghi, da quel mormorio di sottofondo della città.
Un plumbeo cielo ed un imminente temporale solcavano la mia testa; povera lei, una brulla testa predisposta ad una calvizia incipiente alla Jude Law, protetta con nulla che potesse salvarla dalla pioggia imminente. Magari con il tempo, oltre la sua testa, avrò anche il suo fascino.
Serata monotona, nulla di nuovo era all’orizzonte.
Mi stavo recando da Marcus, all’Andy’s Jazz Club. Mi avevano parlato di un trio che si esibiva; sembra che corressero molte voci sulla loro bravura. Chi me ne ha parlato, Colleen, mi ha detto che il pianista rassomiglia a Bill Evans – ma non gli ho chiesto se per bravura o per sembianze, gli ho dato credito e ci son andato. Può anche darsi che si sbagli, sanno tutti che Colleen spesso dice cazzate; due anni fa si è fatto fregare l’account e penso che ancora non se ne sia accorto. Sta ancora scontando la cosa, povero Colleen.
Arrivai all’Andy, già stavano suonando. Fumo in ogni dove in quel luogo sperduto dell’ottava. Trovai un posto ed ordinai al barista un medio single-tall del loro miglior Irish. Bicchiere, sottobicchiere e 2 dita del miglior whisky irlandese liscio. Mi poggiò il tumbler ed esclamò: 18$. Lo guardai con aria disgustata come se avesse appena portato il suo cane sul mio prato appena rasato. Volevo risponderlo a dovere dicendogli: “Tua madre costa meno” – ma non era la serata giusta per una rissa, me ne uscii con “Fortuna che il proibizionismo è finito da tempo” – “Eccotene 20 e tieniti il resto”. Prese i soldi e continuò a lucidare i bicchieri con il canovaccio.
Iniziai a bere e ad ascoltare il trio. Dopo un’ora e trequarti ed altri 2 giri mi avviai verso l’uscita. La band aveva quasi finito e se c’è una cosa che odio è proprio dover uscire con tutti gli altri. Io son diverso, mi sento diverso. Non mi piace esser gli altri, preferisco essere me, con tutte le mie contraddizioni, i miei vizi e le mie paranoie.
Uscii, mi guardai intorno e mi resi conto che aveva appena smesso di piovere. Sentivo ancora la musica venire dalla porta che si mescolava con il gocciolio dell’acqua che cadeva giù dai canaletti. Il suono del sax mi prende dentro e mi avvolge come una coperta nel giorno più freddo dell’anno.
Dopo aver ascoltato, il pianista, posso dire che c’è qualcosa in lui che assomiglia al caro Bill, ma di certo, senza remore posso aggiungere che manca di ‘tocco’ rispetto al più famoso e talentuoso Yankee.
Mentre guardavo intorno misi le mani in tasca e presi il pacchetto di Lucky Strike. Ne presi una e la portai alle labbra.
Proprio nel momento in cui la accesi mi passò accanto una coppia di ragazzi usciti dal nulla. Li vidi solo nel momento in cui mi furono a ridosso, venivano dalle mie spalle. Non mi curai di loro fino a quando non feci il primo tiro. Insieme al fumo percepii un’essenza. Feci subito un altro tiro prima che potesse svanire.
Si fermò il tempo in quel preciso istante. Non potei fare altro che alzare gli occhi e restare impietrito a guardare. Erano insieme, giovani, sorridenti. Lei indossava una lunga gonna blu ed aveva i capelli raccolti.
Mille i pensieri che mi vennero alla mente in quel momento, ed ancora mille sono quelli che ho in questo momento. Mi capita spesso che un odore, un tocco, un suono, mi porti alla memoria ricordi, sensazioni, immagini e mi blocchi per pochi istanti, interminabili.
Sensazioni che per giorni non svaniscono, come quando fai un brutto sogno che ti porti dentro per un’intera giornata. Le giornate no difficilmente finisco con un sorriso.
Conoscevo quel profumo, raro come un tulipano nel deserto. Come una zattera in mezzo all’oceano quel profumo mi venne in soccorso ricordandomi che questa vita, dopo tutto, non è poi così male.
E’ da ieri che non riesco a non pensarci. Quell’istante, iniziato ieri, si è protratto nel tempo ed ancora oggi vive.
RudiExperience